“al termine di una istruttoria assai complessa per il tecnicismo della materia e resa oltremodo difficile dalla reiterazione del mendacio perpetrato sin dall’immediatezza del fatto mediante inidonea documentazione fotografica dello stato dei luoghi, relazioni di servizio e successive integrazioni , prive del necessario dettaglio pure logicamente esigibile in ragione della gravità dell’evento; ispezioni disciplinari acriticamente concluse mediante la ratifica delle dichiarazioni dei soggetti oggetto di verifica; mendacio riproposto anche in sede dibattimentale agevolato dal peso del tempo trascorso tanto da consentire, nel migliore dei casi, la ripetizione di plurimi “non ricordo”, nondimeno, accompagnati da memoria palesemente selettiva di fatti e circostanze , ovvero, nel peggiore dei casi da indebite accuse di astrattezza e incomprensione del contesto, teatro dei fatti, nonché della tragedia vissuta, paradossalmente provenienti da chi quel mendacio ha contribuito a realizzare”.
Sono queste le sconcertanti conclusioni a cui è pervenuto il Giudice Carmela Foresta dell’ottava sezione penale del Tribunale di Roma. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a carico di Vincenzo Ricciardi ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo aggravato per la morte del caporal maggiore scelto dell’Esercito Francesco Saverio Positano, avvenuta il 23 giugno 2010 in Afghanistan.
Dopo 14 anni finalmente il tribunale ha fatto luce, con estrema chiarezza, sulle cause della morte del giovane Francesco, facendo emerge le inaccettabili azioni di depistaggio e menzogne perpetrate ad ogni livello nella speranza che il trascorrere del tempo potesse cancellare ogni responsabilità.
Il Partito per la tutela dei diritti dei militari, costituito parte civile, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimiliano Strampelli del foro di Roma, ritiene inaccettabile il fatto che gli attori, imputati e non, tutti militari, siano ancora in servizio e che quindi ben potrebbero perpetrare ulteriormente le loro condotte menzognere che , per alcuni di loro, sono valse la richiesta di trasmissione degli atti alla Procura per le indagini del caso. Per questa ragione chiediamo l’immediata sospensione dal servizio di tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella drammatica vicenda, a cominciare dall’ufficiale condannato, ancorché solo in primo grado.
All’epoca dei fatti coi parlamentari del Partito Radicale avevamo chiesto l’istituzione di una commissione di inchiesta per fare luce sulle strane cause della morte di Francesco e di tanti altri militari deceduti nel corso delle missioni di guerra spacciate per azioni di mantenimento della pace.
Quante altre menzogne di Stato verrebbero fuori? Il Parlamento dimostri di avere quel coraggio che non ebbe all’epoca. Non è mai troppo tardi.