Nel marzo 2015, sull’onda di una insistente pressione mediatica, l’allora direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, annunciò l’istituzione di una Commissione mista paritetica tra Santa Sede e Stato italiano per stipulare quell’intesa prevista già nel 1984 dall’Atto aggiuntivo al Concordato del 1929 e mai stipulata fra le parti. Tra i membri della Commissione figuravano esponenti di spicco dell’Ordinariato Militare. Dopo anni di attesa il risultato del lavoro svolto dalla Commissione Stato-Chiesa ha di fatto smentito le pubbliche promesse dei vertici dell’Ordinariato militare circa la volontà di rinunciare ai gradi militari e quindi ai soldi degli stipendi da ufficiale delle forze armate.
Con la legge 22 aprile 2021, n. 70, recante la “Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate, fatta a Roma e nella città del Vaticano il 13 febbraio 2018, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede” è stata resa operativa l’intesa che fin dal 1985 si attendeva per disciplinare i compiti, lo stato giuridico e gli aspetti economici dei preti-soldato. Il testo recepito dal Governo italiano, poi approvato dal Parlamento, ha però previsto solo alcune piccole e insignificanti modifiche tra le quali, oltre a quella riguardante la riduzione dell’organico, il taglio del compenso per il lavoro straordinario e altri emolumenti specifici.
Ancorché nel corso di questi ultimi 10 anni abbia più volte espresso la mia totale contrarietà verso il costoso istituto dell’Ordinariato militare proponendone la soppressione o, quantomeno, la smilitarizzazione in ossequio al principio costituzionale di laicità dello Stato, facilmente realizzabile con l’applicazione nei confronti dei preti-soldato delle stesse norme che regolano l’attività dei sacerdoti che svolgono la loro missione pastorale presso la polizia di Stato, ho accolto con soddisfazione la decisione dello Stato Maggiore della Difesa volta a dare immediata applicazione alle nuove norme, con particolare attenzione a quelle riguardanti la soppressione dei compensi per lavoro straordinario e di altri specifici emolumenti, nonché per la riduzione degli organici. Norme che dovrebbero ridurre la spesa che da troppi anni grava sulle tasche dei contribuenti anziché sulle casse della Chiesa.
Oggi, purtroppo, ho appreso che lo scorso 15 giugno il Vicario Generale Militare, Mons. Angelo Frigerio, con una lettera indirizzata a tutti i vertici militari ha chiesto “cortesemente ai pregiatissimi Signori Generali e Ammiragli in indirizzo di disporre che tutti i Comandi degli Enti Militari che hanno in forza i Cappellani Militari attendano le “NORME ESPLICATIVE” della Legge in oggetto, che saranno redatte in accordo con l’Ordinariato Militare per l’Italia.”.
La legge in questione è chiarissima e deve essere rispettata. A mio avviso, la decisione dello Stato Maggiore della Difesa è corretta e quindi la richiesta del Vicario Generale, evidentemente tesa ad ottenere un rinvio dell’applicazione delle nuove norme, deve essere assolutamente respinta.
La Difesa deve interrompere immediatamente il pagamento a favore dei cappellani militari degli straordinari e di quegli altri emolumenti che sono stati cancellati a seguito degli accordi tra Stato e Chiesa, ratificati dal legislatore con la legge approvata lo scorso aprile.
Per questa ragione chiedo al Ministro della difesa, Lorenzo Guerini, di vigilare attentamente affinché non si verifichino degli abusi e quindi un possibile danno per le casse dello Stato e fin da ora lo avverto che se ciò non avverrà mi rivolgerò alle autorità giudiziarie competenti.
(fonte foto: www.difesa.it)
Lettera a firma del Vicario Generale Militare – Mons. Angelo Frigerio