Lo scorso 16 maggio, all’udienza dinanzi al GUP del Tribunale di Bari, Dott. Alfredo Ferraro, il Partito per la tutela dei diritti dei militari – PDM, rappresentato e difeso dall’Avvocato Ugo Claudio Roberto ROSSI del foro di Bari, è stato ammesso quale parte civile nel procedimento penale che vede imputati anche due ex ufficiali medici dell’Aeronautica militare. Il Giudice ha autorizzato il PDM a citare il Ministero della Difesa in qualità di responsabile civile e ha rinviato all’udienza del 26 settembre prossimo.
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Francesco, pecunia non olet?
E alla fine i “preti-soldato” si sono tenuti gradi e soldi, alla faccia di Papa Francesco e di quanti credono ancora nell’esistenza di uno Stato laico e autonomo rispetto al potere ecclesiastico.
Ne è passato di tempo da quando i parlamentari radicali rivendicando la laicità dello Stato ne chiedevano la cancellazione dall’ordinamento militare o quantomeno di porre i costi degli esagerati stipendi e pensioni a carico della Chiesa. E poi ancora i grillini della prima ora che li volevano fuori dalle caserme; i servizi televisivi della “iena” Pelazza e le pubbliche promesse dell’Ordinario militare e del suo vice di rinunciare ai gradi e ai soldi.
Eppure, lo scorso 14 aprile l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge di Ratifica dello Scambio di lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018.
L’intesa – segretissima fino a qualche mese fa – oggetto di ratifica volta ad aggiornare la disciplina concernente l’assistenza spirituale alle Forze armate e lo status dei cappellani militari ha permesso ai “preti-soldato” di mantenere il grado gerarchico e il relativo trattamento economico alla faccia di tutti quelli, Papa Francesco in testa, che pensano che l’essere preti significhi essere «servitori, non arrampicatori né imprenditori».
Le nuove regole lasciano ai cappellani i gradi militari col relativo stipendio di base da ufficiale secondo il grado di assimilazione a cui si aggiungono l’indennità integrativa speciale, l’indennità mensile di impiego operativo di base e, qualora disposte dalle competenti autorità, l’indennità di missione e l’indennità di imbarco. Inoltre, i cappellani militari non saranno più soggetti al Codice e alla disciplina militare, né alla giurisdizione penale militare se non in caso di mobilitazione totale o parziale o di servizio all’estero.
Tra le tante “supercazzole” che fanno dell’intesa la conferma del gattopardiano motto “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” vi è quella che riguarda il grado dell’Ordinario militare che non sarà più assimilato al grado di generale di corpo d’armata ma a quello di tenente generale. Ovviamente non è una rinuncia a qualche beneficio (non sia mai, Sic!) visto che i due gradi sono perfettamente corrispondenti: è solo una questione lessicale.
Ovviamente – e questa non è una questione lessicale – il peso economico degli stipendi dei 162 preti-soldato e delle loro pensioni resta a completo carico dei contribuenti (non sia mai che la Chiesa si accolli la spesa. Sic !)
E pensare che solo lo scorso 25 aprile Papa Francesco, nell’ordinare alcuni nuovi sacerdoti, ha raccomandato di stare «lontani dai soldi», di essere «poveri che amano i poveri». Di allontanarsi «dalla vanità».
Suvvia Francesco … in fin dei conti lo sai anche tu che “pecunia non olet”.
Essere militari non significa dover dire sempre “signorsi”
Cappellani militari, Comellini (pdm): 9.410.272 euro di spesa nel 2019 sono reali, il taglio sbandierato dalla Trenta è la fake news.
L’intesa sulla questione dei cappellani militari stipulata dal precedente governo Gentiloni e i rappresentanti della Chiesa dovrà essere sottoposta al vaglio del Parlamento quindi oggi la sola cosa certa sono i numeri della legge di bilancio che escludono categoricamente una riduzione rispetto al passato. Già da alcuni anni – ma la ministra sembra non saperlo – il numero dei cappellani militari è stato ridotto rispetto ai 204 previsti dalle “tabelle ordinative organiche”. Tuttavia la spesa per il pagamento degli stipendi dei preti soldato è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al passato. Tra le ragioni di questa sostanziale costanza di spesa vanno considerati gli effetti dei provvedimenti del riordino delle carriere hanno determinato consistenti aumenti degli stipendi dei cappellani militari che, va ricordato, sono assimilati al rango di ufficiale delle forze armate, ne indossano i gradi da ufficiale/dirigente e ne percepiscono il relativo trattamento economico e accessorio tra cui gli straordinari (per dire la messa) e le indennità di missione, aeronavigazione e finanche, in alcuni casi, l’indennità di aviolancio e sede disagiata (per citarne alcune).
L’intesa stipulata, tanto sbandierata come svolta epocale garantisce alla casta dei preti-soldato il mantenimento di inaccettabili privilegi e si pone in netto contrasto con quella sicuramente molto meno onerosa per le casse dello Stato prevista dal D.P.R. n° 421 del 27 ottobre 1999 che recepisce l’intesa, anche questa prevista dal Concordato del 1984, che regola il servizio di assistenza spirituale dei cappellani della Polizia di Stato.
I numeri riportati nero su bianco nelle “Tabelle” allegate alla Legge di bilancio per il 2019 parlano chiaro: i cappellani militari costeranno ai contribuenti 9.410.272 euro. Quindi, a conti fatti, l’unica “fake news” è l’annunciato risparmio che qualche buontempone ha voluto suggerire alla Ministra Trenta.
Alla Ministra consiglio una attenta lettura degli atti parlamentari della XVI Legislatura. Da quando nel 2010, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 66/2010 e d.P.R. 90/2010, chiesi ai parlamentare Radicale Maurizio Turco di portare all’attenzione del Parlamento la questione dei cappellani militari e dell’intesa mancante ma prevista espressamente dal Concordato del 1984, gli stipendi dei preti con le stellette ci sono costati circa 80 milioni di euro. A questa somma vanno aggiunti i rilevanti costi di mantenimento e funzionamento degli uffici e strutture della “diocesi dell’Ordinariato militare d’Italia” e delle pensioni dorate dei generali-preti.
La semplice domanda che si deve porre la ministra Trenta, ma anche il suo capo Di Maio, partendo dal principio che lo Stato è laico, è: a cosa servono realmente i cappellani militari quando vicino ad ogni caserma sorge una chiesa con il suo parroco stipendiato dal Vaticano? Se dobbiamo continuare a mantenere i cappellani militari per dare assistenza spirituale al personale delle forze armate di religione cattolica allora devono poter avere la medesima assistenza spirituale quelli di fede ebraica o mussulmana o di qualsiasi altra religione.
Ma quale bandiera Nazista? La visione distorta dei fatti è l’epilogo dell’azione di una ministra che i militari vorrebbero poter dimenticare
Il servizio giornalistico che ha scoperto una bandiera erroneamente definita “nazista” nella camerata della caserma Baldissera del Battaglione Carabinieri Toscana ha sollevato un clamore mediatico che si sta rivelando una fake news in quanto, in realtà, quella bandiera è un emblema della Marina militare della Germania imperiale e la sua sola esposizione non costituisce alcun reato o infrazione disciplinare. Se poi la ministra della difesa Roberta Pinotti vuole estremizzarne l’uso decorativo riconducendo l’esistenza di una qualsivoglia violazione dei doveri del militare al solo fatto che alcuni gruppi di estrema destra la utilizzano nelle proprie esternazioni pubbliche, consapevoli del divieto di utilizzare i simboli del nazismo o del fascismo, allora le dichiarazioni della Pinotti sul punto non possono non ricordarci che, al pari, la repressione delle libertà individuali di espressione o finanche del solo pensare, qualsiasi sia l’ideologia politica di chi le esercita liberamente e consapevolmente, è propria dei regimi totalitari a cui quella bandiera vuole ad ogni costo essere ricondotta. Ricordo, quando ero un giovane sergente dell’Aeronautica militare di aver appeso nel mio alloggio alcune fotografie di aerei storici, come quelli esposti al museo dell’Aeronautica militare di Vigna di Valle che riportano sull’ala o sulla fiancata l’emblema dell’allora gloriosa Regia Aeronautica e del “fascio littorio”, quest’ultimo simbolo del regime fascista. Ma non per questo ricevetti il trattamento che oggi la ministra vorrebbe riservare al giovane carabiniere, per ragioni che, a mio avviso, e non solo, non hanno nulla a che vedere con il regolamento militare e i doveri che esso impone ad ogni militare.
Credo fermamente che le Forze armate, ora più che mai, abbiano bisogno di un vero ministro della difesa e di comandanti in grado di esprimere al meglio il vero senso del terzo comma dell’articolo 52 della Costituzione che li vorrebbe capaci, nella loro azione di alto comando, di ascoltare, comprendere e porre rimedio alle ragioni su cui si fonda l’evidente malcontento e i crescenti sentimenti di sfiducia nelle Istituzioni che tutto il personale militare dei ruoli non direttivi e non dirigenti vive con estremo disagio anche a causa, non ultima, delle mille promesse fatte e non mantenute e dei devastanti provvedimenti normativi che hanno inciso pesantemente sulle carriere e la dignità di tutti i cittadini in divisa. La sottosegretaria e poi ministra Pinotti fin dal suo ingresso nella compagine militare ha preferito circondarsi di personaggi graditi alla sua parte politica e al suo ex presidente del Consiglio senza preoccuparsi che regalando proroghe a destra e a manca o che nel voler imporre le sue decisioni in modo unilaterale o, ancora, prediligendo gli uni agli altri a secondo della disponibilità ad assecondare le sue richieste, ha finito col compromettere quei delicati equilibri tra le forze armate ed al loro interno tra i differenti ruoli che duravano immutati da tempo nonostante le dure prove e i gravosi impegni a cui tutte le forze armate sono state costrette.
Riguardo agli attacchi e insulti che la ministra afferma di aver ricevuto in queste ore sui social me ne dispiaccio, se hanno travalicato i limiti della critica, anche aspra, è giusto che vengano puniti ma, diversamente, non posso non ricordare che la saggezza popolare da sempre recita: “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
Tutto ciò nella speranza che il prossimo ministro della difesa dia più ascolto alla truppa piuttosto che ai generali e all’inutile Cocer.
Sia lodata la Pinotti, sempre sia lodata! Anche i preti soldato brindano al riordino delle carriere.
Difesa, riordino delle carriere, Comellini: Oltre a essere una schifezza mancano pure i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato. Ministra Pinotti colga stop lavori Commissioni parlamentari per riesaminare le proposte del suo collega Giachetti.
Il fatto che ieri le Commissioni parlamentari abbiano deciso di sospendere i loro lavori di esame dei provvedimenti di riordino delle carriere del personale delle forze armate e delle Forze di polizia, in attesa che il Governo gli trasmetta i previsti pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato, offre sicuramente notevoli e ulteriori spunti di riflessione sull’azione del Governo e sul concetto di rispetto delle regole in materia di esercizio della funzione legislativa. Leggi tutto “Difesa, riordino delle carriere, Comellini: Oltre a essere una schifezza mancano pure i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato. Ministra Pinotti colga stop lavori Commissioni parlamentari per riesaminare le proposte del suo collega Giachetti.”
Difesa, riordino delle carriere, Comellini (Pdm): dichiarazione Ministero è solo fuorviante difesa ad oltranza di ingiustificabili privilegi. (V. ANSA 12 apr – 20:10)
“Da giorni il vertice politico e militare della Difesa, anche attraverso note di precisazione diramate dal Ministero della difesa, sta cercando di far passare l’idea che i provvedimenti di riordino delle carriere del personale militare, come per quello delle forze di polizia, siano la giusta soluzione da dare alle aspettative dei lavoratori con le stellette e gli alamari.
La realtà, però, è ben diversa. Leggi tutto “Difesa, riordino delle carriere, Comellini (Pdm): dichiarazione Ministero è solo fuorviante difesa ad oltranza di ingiustificabili privilegi. (V. ANSA 12 apr – 20:10)”
La Strage di Nassirya – 12 novembre 2003 –
Puntata di “Cittadini in divisa” di martedì 14 febbraio 2017.
Ospiti: Mauro Pili (deputato, Misto), Dario Piccioni (avvocato).
Argomento: la strage di Nassirya, sentenza Corte d’Appello di Roma, Sezione 1 Civile, condanna del gen. Stano, risarcimento del danno ai reduci ed ai familiari delle vittime della strage.
La registrazione audio di questa puntata ha una durata di 30 minuti.
Per ascoltare: http://www.radioradicale.it/scheda/500262
Radio Radicale, Rubrica “Cittadini in divisa”
Puntata del 23 gennaio 2017
Marina Militare: dopo 14 anni tre ufficiali potrebbero tornare marescialli
a cura di Luca Marco Comellini
Per 14 anni hanno indossato i gradi da ufficiali ed hanno percepito il relativo stipendio ma secondo i Giudici di Palazzo Spada non dovevano neanche essere ammessi al concorso a cui, da marescialli, avevano partecipato nel 2002. Leggi tutto “Radio Radicale, Rubrica “Cittadini in divisa””