Perché il vertice della Marina militare ancora non ha reso pubblici i risultati delle analisi delle acque destinate al consumo umano utilizzate a bordo delle navi della sua flotta?
Il personale imbarcato ha, o non ha, il diritto di sapere se l’acqua che ha bevuto ed utilizzato lavarsi e per cucinare è conforme o meno alle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 31/2001?
Come già avvenuto in passato, anche questa volta verrà avviata la solita caccia alle streghe per scovare un colpevole e quindi poterlo processare nella convinzione che punirne uno per educarne altri cento al silenzio e all’omertà sia il solo metodo per mettere a tacere l’opinione pubblica e la crescente preoccupazione tra il personale, oppure si provvederà alla completa e sicuramente più opportuna verifica delle acque di bordo destinate al consumo umano e quindi alla successiva bonifica di tutte le navi che compongono la flotta della forza armata?
Si procederà finalmente a dare ai comandanti delle unità navali le immediate disposizioni affinché, nella loro veste di datore di lavoro, provvedano ad assolvere gli obblighi di aggiornamento dei documenti di valutazione del rischio e di corretta informazione derivanti dal decreto legislativo 81/2008 anche attraverso la pubblicazione dei risultati delle analisi delle acque destinate al consumo umano oppure continueranno a dispensare al personale imbarcato gli ammonimenti sulle consegne del silenzio e sull’esistenza delle procure militari così come avviene ancora oggi?
Sono queste le domande che rivolgo al Capo di stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Valter Girardelli, perché oggi, ancora più di ieri, ritengo inaccettabile che gli oltre 30mila uomini e donne della forza armata non possano avere la certezza che sia stata fatta e si stia facendo ogni possibile azione per garantire la massima tutela della loro salute e della loro sicurezza sul luogo di lavoro.
Sono pienamente convinto che l’ammiraglio Girardelli, in quanto capo della Marina militare, abbia il dovere, se non quello giuridico sicuramente quello morale, di rassicurare coi fatti e non con le parole gli uomini e le donne che quotidianamente garantiscono la sicurezza nei nostri mari e ciò, al momento, può essere fatto solo con l’immediata pubblicazione dei risultati delle analisi effettuate sulle acque destinate al consumo umano a bordo di tutte le navi della forza armata.
All’ammiraglio Girardelli, sicuramente è noto il caso della Nave Magnaghi, già salita all’onore delle cronache nel 2016 quando la missione che l’avrebbe dovuta condurre ad operare davanti alle coste del Libano fu improvvisamente annullata a causa della non conformità all’uso umano delle acque di bordo. Bene, in questi gironi l’attività della medesima nave è stata nuovamente annullata e sempre per lo stesso problema. La notizia mi conforta. Ben vengano queste decisioni per tutelare la salute del personale imbarcato.
Il problema che affligge, talvolta anche in modo cronico, le navi della Marina militare è ormai di dominio pubblico. Le rassicuranti dichiarazioni sulla salubrità dell’acqua di brodo che tutti abbiamo potuto leggere nei comunicati ufficiali della forza armata si sono infrante contro con l’innegabile realtà dei fatti. Nel solo Arsenale di La Spezia le navi Margottini, Fasan, Rizzo, Alghero, Grecale, Elettra e chissà quante altre hanno avuto, o hanno ancora, problemi di conformità all’uso umano delle acque utilizzate a bordo dagli equipaggi. Tuttavia, il fatto che dal primo di marzo scorso il laboratorio analisi presso il DMML spezzino, contrariamente a quanto avveniva in passato, non formula più i giudizi di idoneità sulle acque di bordo, se per un verso non mi stupisce, ma del resto come avrebbe potuto superare l’atavica inadeguatezza alle vigenti norme e l’assenza delle previste certificazioni, dall’altro mi conforta e mi porta a credere che finalmente la forza armata abbia deciso di affidare l’esecuzione dei controlli di laboratorio alle istituzioni sanitarie, competenti, accreditate e certificate.
I problemi di conformità delle acque di bordo che affliggono le navi dell’arsenale di La Spezia sicuramente angosciano anche quelle che fanno base presso gli arsenali di Taranto e di Augusta. A Taranto, solo per fare un esempio, mi risulta che le analisi siano effettuate dal laboratorio dell’Ospedale militare della forza armata che, tuttavia, non solo risulta sprovvisto delle necessarie certificazioni ma che, inoltre, opererebbe secondo le previsioni della direttiva emanata nel 2010 dalla locale Direzione di sanità e non, invece, secondo quanto disposto dalla recente disposizione del Comando della Squadra Navale (CINCNAV), datata 12 luglio 2016, che da puntuale applicazione ai decreti legislativi 31/2001 e 81/2008.
Comprendo che per una organizzazione militare complessa come lo è la Marina può essere difficile recuperare 17 anni di mancanze e ritardi ma ciò non esclude precise responsabilità nell’applicazione delle vigenti disposizioni di legge. Per questo motivo oggi, ancor più di ieri, ritengo sia doveroso da parte dell’ammiraglio Girardelli fare immediata chiarezza sullo stato delle acque destinate al consumo umano e rendere pubblici i risultati delle analisi effettuate a bordo di tutte le navi della forza armata, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 31/2001 ad oggi e ciò, al di là delle belle parole di convenienza, per rassicurare in modo certo e concreto il personale e i loro familiari. In mancanza di tali chiarimenti nei prossimi giorni darò mandato all’Avvocato Giorgio Carta per porre in essere ogni azione che riterrà utile per tutelare la salute del personale della forza armata.
(foto:www.marina.difesa.it)